Gli eleganti cesti sardi in asfodelo esposti nella seconda sala dell’agricoltura, simili a quello in immagine inv. 6163 (raccolta G. Clemente, 1911) sono manufatti bicolori detti corbule (cesti senza manici). Svariati effetti sono ottenuti, in questi beni, con decorazioni di fibre scure sullo sfondo di fibre chiare, o con fibre alternate a scacchiera, o con fibre scure come orlo. Le figure decorative più comuni sono l’archetto, la greca, la stella, il fiore, la rosa, l’uccello, il ballo. Tali cesti sono realizzati a Flussìo, Tinnura, Montresta, Olzai, Ollolai, Urzulei. Servono o erano adoperati per trasportare grano, dolci, pane, pasta, legumi, frutta, panni da lavare e il corredo della sposa. In passato gli artigiani li affidavano ad un ambulante a cavallo che si occupava di venderli.
I fusti di asfodelo sono raccolti in primavera con i fiori in boccio, tagliati in listarelle e seccati all’aria e al sole per oltre un mese. Per l’uso ad intreccio si pongono a bagno per varie ore, poi si asportano le fibre corticali, ottenendo fibre di due colori, bruno o marrone scuro (quelle esterne) e marrone chiaro o giallo (quelle interne).

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Dove si trova

Museo delle Civiltà – Museo delle Arti e Tradizioni Popolari “Lamberto Loria” –  Primo piano – Lavoro agricolo

Sapevi che…

L’asfodelo, specie erbacea di incolti aridi e garighe, è una delle più tipiche piante dell’intrecciatura sarda. Spontaneo in quasi tutta l’Italia, è tuttavia solo in Sardegna lavorato ad intreccio, e ciò testimonia un’antica specializzazione che si potrebbe far risalire all’epoca nuragica.
In Sardegna, per realizzare scapolari o amuleti era raccolto per la festa di S. Giovanni Battista e alcune malattie di animali erano curate con croci di asfodelo.
Nell’antichità Plinio lo definiva hastula regia, scettro, cioè segno di una potenza superiore.
Il suo nome deriverebbe da a = non, spodos = cenere, elos = valle, cioè “valle di ciò che non è stato ridotto in cenere”, perché gli organi sotterranei non sono danneggiati dal fuoco e la pianta rinasce dopo gli incendi.
I tuberi radicali si mangiavano cotti in Toscana, Basilicata e Sicilia, e sono stati importante cibo in epoca preistorica, ma anche presso i Greci. Questi credevano che i fiori di asfodelo crescessero nell’Ade, perciò li piantavano vicino alle tombe, affinché le anime dei morti si cibassero dei tuberi. Plinio riporta che si piantavano davanti alle porte delle case di campagna contro influssi malèfici.