“All’arba quanno spunta er sole d’oro …..me sento n’armonia qui drento ar petto e tutt’allegro monto sur caretto” così cantava il carrettiere che giungeva a Roma con il suo carico di botti di vino. Accompagnato da un fedele cagnolino, riparato dalla cappotta aveva viaggiato tutta la notte per rifornire le osterie della città con il vino dei Castelli.
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Le trasformazioni urbanistiche che seguirono l’annessione di Roma al Regno d’Italia causarono la distruzione di molte delle vigne coltivate entro le mura: si rese perciò necessario per le numerose osterie della città rifornirsi dalle campagne vicine. Il vino cosiddetto “romanesco”, proveniente dalla zona dei Castelli, dalla Sabina e dal Viterbese, veniva trasportato in botti caricate su un tipico carretto la cui struttura si era già da tempo precisata. Dotato di due grandi ruote con cerchio di ferro e un timone a doppia stanga, era caratterizzato da una copertura a soffietto, originariamente costituita da legni ricurvi che sostenevano delle pelli, chiamata “furcina”; questa cappotta riparava il carrettiere durante i lunghi tragitti perlopiù notturni. Una lanterna fissata sotto il pianale illuminava la strada e il suono dei numerosi sonagli e campanelli che costituivano la “bubboliera” non solo segnalava il passaggio del mezzo, ma svolgeva anche una funzione apotropaica, così come le decorazioni dipinte sul carro e la cappotta. Sul pianale le botti, che contenevano complessivamente 500 litri di vino, cioè l’unità di misura del carretto, erano trattenute da lunghe stanghe, le stesse che poi, inserite nei raggi delle ruote, servivano a bloccarle per mantenere il mezzo fermo durante le consegne. Il carro era generalmente trainato da muli o cavalli, ma alcuni dipinti della campagna romana nell’800 raffigurano anche carri trascinati da buoi. Il personaggio del carrettiere ha ispirato stornelli, poesie; la vicenda dell’eroe risorgimentale Angelo Brunetti “Ciceruacchio” ha contribuito a idealizzarne la figura; Massimo d’Azeglio così descrive i carrettieri romani “son gente rozza[…]è verissimo; ma nel loro aspetto, ne loro atti, […] nel modo di atteggiarsi è un’espressione altiera, una sicurezza orgogliosa[…].
Dove si trova
Museo delle Civiltà – Museo delle arti e trazioni popolari, piano terra: sistemi di trasporto