Da buio a buio
Moira Ricci (Orbetello, 1977; vive e lavora tra Rimini e Orbetello) in Da buio a buio affronta il folclore e le memorie contadine con le stesse metodologie classificatorie di stampo tardo ottocentesco che si ritrovano applicate nella maggior parte del museo, ma mettendone in crisi i principi di scientificità.
L’artista, infatti, gioca con la fotografia elaborando dei falsi documentali e costruendo archivi fantastici che si connettono alla creazione di un museo immaginario sviluppato attorno alle leggende, non urbane ma rurali, provenienti dalla Maremma toscana, sua terra di origine e di lavoro.
Operando tra cronaca e suggestione popolare, l’Uomo sasso, il Lupo mannaro, la Bambina cinghiale o i Gemellini sono quindi figure che dalla tradizione orale prendono una dimensione e consistenza reali, sostanziata da documenti di vario genere.
Come un gesto di ribellione nei confronti di un sapere verticale, l’artista restituisce dignità al racconto orale proprio della cultura popolare, identificando la campagna italiana come luogo mitopoietico della civiltà contadina e della sua rilevanza anche nel solco di una cultura contemporanea prevalentemente urbanizzata e industrializzata.
