Il Museo e l’EUR
Il Museo delle Civiltà si estende per circa 50.000 mq, tra sale espositive e depositi. L’architettura del quartiere dell’EUR gravita intorno a Piazza Guglielmo Marconi, progettata appositamente (con il nome originariamente di Piazza Imperiale) come uno dei fulcri dell’Esposizione Universale di Roma (E.U.R) del 1942, mai inaugurata a causa dello scoppio della II Guerra Mondiale.
Il museo si articola in 2 sedi, entrambe affacciate sulla piazza: il Palazzo delle Scienze (Piazza Guglielmo Marconi, 14), che ospita le collezioni preistoriche, paleontologiche, lito-mineralogiche, di arti e culture africane, americane, asiatiche, oceaniane, alto-medievali, di provenienza coloniale e contemporanee; e il Palazzo di Arti e Tradizioni Popolari (Piazza Guglielmo Marconi, 8) che ospita le collezioni di arti e tradizioni popolari italiane.
Palazzo delle Scienze
Il Palazzo delle Scienze venne realizzato a partire dal 1938 e ultimato nel 1943, su progetto degli architetti Luigi Brusa, Gino Cancellotti, Eugenio Montuori, Alfredo Scalpelli, del gruppo di lavoro di Marcello Piacentini, architetto a capo del progetto urbanistico per l’Esposizione Universale di Roma del 1942. La facciata è simile architettonicamente a quella del Palazzo delle Arti e Tradizioni Popolari: ambedue rientrano nel medesimo progetto urbanistico-architettonico della Piazza Imperiale (ora Piazza Guglielmo Marconi). La piazza in origine prevedeva, lungo i 3 lati, i musei dedicati all’arte antica e moderna ed alla scienza, e frontalmente un cinema-teatro mai realizzato.
L’atrio del Palazzo delle Scienze è decorato da 2 affreschi di Valerio Fraschetti: di Le applicazioni tecniche della scienza, sulla destra, possiamo vedere il fondo preparatorio alla pittura, interrotta a causa della guerra, mentre La scuola di Galileo, sulla sinistra, risulta completo. Al primo piano, sovrastante lo scalone monumentale d’ingresso, è collocata la grande vetrata policroma realizzata tra il 1941 e il 1942 da Giulio Rosso, stretto collaboratore di Marcello Piacentini e Gio Ponti. Sempre al primo piano, al centro del pavimento del Salone delle Scienze campeggia la tarsia marmorea realizzata da Mario Tozzi nel 1943.
Palazzo delle Arti e Tradizioni Popolari
Il progetto dell’edificio venne eseguito nel 1938 dagli architetti Massimo Castellazzi, Pietro Morresi, Annibale Vitellozzi, inserendosi nel complesso degli edifici che doveva costituire il nucleo centrale dell’Esposizione Universale di Roma del 1942. L’edificio, speculare al Palazzo delle Scienze, è costituito da un portico colonnato organizzato intorno ad un cortile e da 2 corpi sporgenti, di cui uno concluso da una quinta architettonica a colonne che fa da fondale alla piazza.
La decorazione interna è concentrata nel Salone delle Arti e Tradizioni Popolari dove, tra il 1940 e il 1942, vennero realizzati una serie di affreschi con scene di vita tradizionale italiana. Al Salone si accede attraverso un varco decorato dal bassorilievo in marmo Elementi caratteristici del folklore, opera di Amerigo Tot (1909-84). Per l’atrio del museo fu commissionata a Ferruccio Scattola (1873-1950) la decorazione pavimentale in tarsia marmorea con il tema Costumi, maschere ed altri elementi decorativi che non venne però mai eseguita.

I mosaici esterni di Depero e Prampolini
All’esterno del Palazzo delle Scienze, con affaccio su Viale della Civiltà Romana, venne realizzato nel 1942 da Fortunato Depero un mosaico dal titolo Le professioni e le arti, contrapposto frontalmente a quello di Enrico Prampolini, Le Corporazioni, sulla facciata laterale del Palazzo delle Tradizioni Popolari. Entrambi i mosaici, recentemente restaurati, possono essere liberamente visionati attraversando il propileo colonnato che collega il Palazzo delle Scienze e il Palazzo delle Arti e Tradizioni Popolari.
Fortunato Depero, Le professioni e le arti
Fortunato Depero (1892-1960) è tra gli artisti autori delle decorazioni murali esterne dei 2 Palazzi in cui ha sede il Museo delle Civiltà. Il suo mosaico policromo Le professioni e le arti – restaurato insieme all’opera gemella di Enrico Prampolini – è probabilmente il risultato di una commissione di Cipriano Efisio Oppo, Vicepresidente dell’Ente Autonomo dell’Esposizione Universale di Roma. L’ampio carteggio tra Depero, Oppo e l’architetto Ernesto Puppo, conservato all’Archivio Centrale dello Stato, testimonia la travagliata realizzazione del mosaico, che comportò diverse modifiche, soprattutto riguardo l’allineamento ai cromatismi del limitrofo progetto prampoliniano. Il lavoro si concluse il 15 giugno 1942, come testimoniano le parole di Depero a Oppo “Mio illustre e carissimo Oppo, eccomi di ritorno da Rovereto. […] Sono lieto di avervi accontentato”.
Enrico Prampolini, Le corporazioni
Enrico Prampolini (1894-1956) è, insieme a Fortunato Depero, tra gli artisti che decorarono con le loro opere monumentali le pareti esterne dei 2 Palazzi in cui ha sede il Museo delle Civiltà. Traccia documentaria della genesi del mosaico Le corporazioni si trova in una lettera di invito che Rodolfo Rustichelli, Direttore dei Servizi Artistici dell’Esposizione Universale di Roma, spedì all’artista il 22 dicembre 1940. Nell’ottobre del 1941 Prampolini firmò il contratto che stabiliva le modalità di esecuzione e ne precisava il compenso, anche se in quello stesso mese il mosaico risultava già in via di esecuzione. A maggio 1942 i lavori vennero ultimati. Nella parte centrale del mosaico si trovano 4 figure antropomorfe che simbolizzano il Credito, il Commercio, l’Industria e l’Agricoltura, impersonata quest’ultima da una contadina, con uno sfondo composto da una griglia geometrica recante i simboli delle relative corporazioni.
Gli affreschi di Valerio Fraschetti
Le applicazioni tecniche della scienza, conosciuto anche come Le scienze moderne, è un dipinto murale realizzato tra il 1942 e il 1943 da Valerio Fraschetti (1910-1977) ubicato nell’atrio di ingresso del Palazzo delle Scienze. Si tratta di una sinopia, una bozza preparatoria della decorazione finale, mai completata. L’opera fu realizzata stendendo sul muro una malta grossolana di colore grigio e successivamente uno strato di malta più sottile. Su quest’ultimo intonaco fu applicato il disegno, impiegando un unico colore sui toni del grigio mentre un colore rosso venne utilizzato per suddividere la scena in diverse porzioni, contraddistinte ciascuna da numeri, in successioni da sinistra a destra.
La seconda opera, iniziata nel 1942, fu terminata da Fraschetti nel 1943, già nel pieno della guerra. Il titolo dell’opera era inizialmente Storia delle invenzioni ma divenne poi La Scuola di Galileo: il tema di ispirazione nazionalista si inseriva nell’ottica di esaltazione del primato dell’Italia e di Roma, come delineato nel progetto universalista delle Olimpiadi delle Civiltà. Il genio italiano venne rappresentato dalla figura dello scienziato Galileo Galilei, inventore del metodo scientifico sperimentale moderno, ritratto accanto al suo cannocchiale rivolto verso il cielo, in cui sono raffigurati i segni zodiacali simbolo di una conoscenza pre-scientifica.
La tarsia marmorea di Mario Tozzi
La tarsia marmorea al centro del pavimento del Salone d’Onore del Palazzo delle Scienze, Elementi decorativi relativi alla scienza, costituisce uno degli elementi dell’ampio programma decorativo dedicato a illustrare i protagonisti e le storie delle discipline scientifiche all’interno del Palazzo, progettato per ospitare la mostra scientifica nel contesto dell’Esposizione Universale di Roma del 1942, mai inaugurata a causa dello scoppio della guerra.
L’autore della tarsia è Mario Tozzi (1895-1979), artista che, dopo un’iniziale fase post-impressionista, adottò uno stile classicista che approfondì nel rapporto con gli artisti del Novecento italiano. Tra il 1935 e il 1944 seguì alcuni progetti di decorazione murale, fra cui gli affreschi Paradiso perduto per il Palazzo di Giustizia di Milano e Il marinaio per il Padiglione centrale della Biennale di Venezia, nonché la tarsia marmorea del Palazzo delle Scienze a Roma.
Per quest’ultima – realizzata in pietre e marmi italiani, il cui utilizzo a fini architettonici e decorativi è documentato anche nelle collezioni lito-mineralogiche ISPRA allestite nel Salone – Tozzi ideò una scena suddivisa in più riquadri in cui sono rappresentate le discipline della Cosmografia, della Fisica, della Fisiologia, della Paleontologia e della Zoologia. Al centro della tarsia campeggia la rappresentazione della dea romana Minerva, le cui origini discendono da divinità etrusche e dalla dea greca Atena. Minerva era, per gli antichi Romani, la dea delle virtù eroiche e della guerra per giusta causa o per difesa, ma anche della sapienza e, in quanto tale, protettrice delle arti utili o funzionali (architettura, artigianato, geometria, ingegneria, matematica) e delle scienze in generale. I suoi attributi erano lo scudo, l’elmo e la lancia, che nella raffigurazione di Tozzi sono deposti a terra, mentre la dea tiene fra le mani un libro aperto e una penna d’oca, auspicio di pace e metafora di esaltazione della cultura scientifica.
La vetrata policroma di Giulio Rosso
Al primo piano, sovrastante lo scalone monumentale d’ingresso, troviamo la grande vetrata policroma Elementi decorativi relativi all’astronomia, realizzata tra il 1941 e il 1942 da Giulio Rosso (1897-1976), stretto collaboratore di Marcello Piacentini e Gio Ponti. L’opera, composta da 54 pannelli rettangolari raffiguranti una complessa cosmogonia illustrata da pianeti, segni zodiacali, strumenti astronomici e schemi delle concezioni tolemaica e copernicana dell’universo, a causa della guerra non fu mai montata. Solo nel 1986, dopo il ritrovamento dei pannelli nei magazzini del museo, l’opera fu montata nel luogo per il quale era stata originariamente progettata.
Gli affreschi del Salone d'Onore
Sulla parete d’ingresso del Salone sono presenti gli affreschi Sagra degli osei di Mario Varagnolo (1901-71), Battitura del grano di Domenico Colao (1881-1943), Cerimonia nuziale in Sardegna parzialmente eseguito da Nino Bertoletti (Umberto Natale detto Nino, 1889-1971), Funerali in Puglia di Emanuele Cavalli (1904-81), Il bue di S. Zopito di Tommaso Cascella (1890-1968).
Sulla parete di fondo sono invece presenti gli affreschi Trasporto del mosto in Romagna di Garibaldo Guberti (1907-74), Benedizione della barca di Antonio Barrera (1889-1970), Processione parzialmente eseguito da Orazio Amato (1884-1953), Mattanza dei tonni di Pietro Barillà (1890-1953). L’artista Mario Gambetta (1886-1968) avrebbe dovuto eseguire l’ultimo affresco, Battesimo in Liguria, ma al suo posto è presente un cartone attribuito a Filippo Figari (1885-1937) raffigurante un corteo processionale sardo.