Testimonianze dal Museo delle Civiltà
Ho avuto la fortuna di lavorare con Filippo per poco tempo e anche se lascia un grande vuoto nel lavoro, quello che mancherà saranno soprattutto i gesti quotidiani che facevano di lui un Direttore alla mano con cui avevo preso quella confidenza che mai mi sarei permessa diversamente.
Nessuno merita di morire ma ci sono persone che lo meritano ancora meno e lui era tra queste.
Avrà vissuto una vita piena ma aveva ancora una bella parte da vivere, la sua pensione, probabilmente al mare per ascoltare il suo suono rilassante e divorare libri.
Sarà dura andare in ufficio e riuscire a non provare tanta tristezza e un enorme vuoto…
Spero che lassù lui possa trascorrere comunque una pensione felice e che ci sia qualcuno a lui caro ad accoglierlo.
Lo porterò nei miei ricordi belli, come primo Direttore con cui ho avuto l’onore di lavorare, che ha mostrato fiducia nei miei confronti e mi ha insegnato tanto e come una bella persona che affrontava le situazioni con calma, ironia e fermezza grazie all’esperienza maturata nell’arco di vita che ha potuto vivere.
Non sempre quello che si desidera coincide con il disegno superiore e questo è un triste mistero che non avrà mai spiegazione.
Con affetto e stima, Alessandra Bruno
In ricordo del nostro Direttore, dedico questo bozzetto che rappresenta per me la fiducia e la stima che il Dott. Gambari mi ha dimostrato in questi anni, nel propormi diversi incarichi, tra cui la realizzazione della mascotte del Muciv: la Mucivetta.
Ecco, spero che questo animale, sacro alla Dea della Sapienza, possa guidarlo nel viaggio più difficile e che, talvolta, lo conduca a visitare nuovamente il suo caro Museo. Daniela Bordoni
È difficile scrivere qualcosa su Filippo Maria Gambari, in questo momento. Sembra incredibile che ci abbia lasciati così all’improvviso, lui che seguiva giorno dopo giorno lo sviluppo del grande progetto dei 5 musei e molte altre iniziative. Tra i fini perseguiti dal MuCiv: quello di favorire il dialogo fra civiltà e l’educazione alla legalità, valori che Filippo portava avanti con entusiasmo.
Ero impressionato dal suo poderoso curriculum istituzionale e dal numero delle sue pubblicazioni sul mondo celtico e preistorico, ma anche dalla sua esperienza di gestione di molti Musei e Soprintendenze in Italia: questo incuteva grande rispetto, unito anche alla sua statura fisica non indifferente. Peraltro ho sempre sentito Filippo vicino ai suoi funzionari e collaboratori: uno di loro, impegnati insieme nell’avventura della “costruzione” del nuovo Museo.
Famose sono state le riunioni tra funzionari e Direttore, dette da Gambari “del primo mercoledì del mese”, a cui Filippo dava un’aura vagamente religiosa. Altra sua frase ironica e sibillina era, in caso di difficoltà istituzionali: “Vi svelo un segreto, il nostro Ministero non è perfetto”… L’espressione con cui iniziava le riunioni era “Noi dobbiamo fare…”.
Nel presentare ufficialmente la mostra da me curata sulle piante e le tradizioni disse che negli ultimi giorni avevo talmente lavorato dalla mattina alla sera che alla fine “avevo dormito in Museo”!. Avevo avuto da lui ampia autonomia nell’organizzazione della mostra e di un successivo convegno; richiedeva da me solo un piano economico preciso. Le piccole e grandi mostre e iniziative, e in particolare le conferenze del pomeriggio, organizzate da lui e a turno da vari funzionari specialisti del museo, ma anche da esterni, e volte a “fidelizzare” nuovi utenti, hanno gettato luce su aspetti inediti dell’etnografia, dell’antropologia, delle tradizioni popolari, ma anche della storia recente dell’Italia.
Nei primi anni della sua Direzione mi aveva nominato Coordinatore provvisorio del Museo di Arti e Tradizioni Popolari. Poco prima del mio pensionamento non si prevedevano festeggiamenti. Lui mi ha chiamato e mi ha detto: “Non te ne puoi mica andare così, dobbiamo organizzare qualcosa…” E cercava di propormi di collaborare ancora con il Museo. Non posso fare a meno di ricordare con affetto questo insigne studioso, amico cordiale e appassionato animatore del nuovo Museo delle Civiltà, ente che sicuramente ha assorbito negli ultimi tempi molte delle sue energie, profuse nel tentativo di “mettere a regime” – come diceva – il motore della complessa macchina istituzionale a lui affidata.
Grazie Filippo! Paolo Maria Guarrera
Voglio ricordare il Direttore, Filippo, con due foto.
La prima foto che desidero condividere è stata scattata in un momento emblematico, la rimessa in loco della targa del Museo delle Arti e Tradizioni Popolari dopo il restauro effettuato dalla nostra insostituibile Maria Francesca Quarato. Filippo ha voluto essere personalmente presente e ha aiutato il mitico Enrico nell’impresa, più che fisica, idealistica. A tal proposito ricorderò sempre la prima riunione mensile a cui ho partecipato, proprio al MATP, l’accoglienza calorosa che mi ha riservato il Direttore, ma soprattutto il suo spirito ironico che accompagnava sempre le nostre interlocuzioni.
La seconda foto è relativa all’intervento introduttivo fatto da Filippo in occasione del seminario sull’Agar Spray, tenuto da Ambra Giordano in collaborazione con l’associazione Villa Fabris e organizzato grazie a un’idea della collega Alessandra Montedoro. È davvero un peccato non aver potuto registrare tale intervento, ma rimarrà sempre vivo come una stella cometa quello che in sostanza è stato il messaggio: anche un museo può essere un luogo di ricerca e alta formazione nel restauro.
Questo è l’impegno che Filippo lascia al Laboratorio di Conservazione e Restauro, nel cui ruolo cruciale credeva fortemente: sarà nostro compito concretizzare negli anni quanto da lui auspicato. Serena Francone
Come comunicatore scrivere qualcosa sul Direttore non mi è stato mai così difficile. Lavoro al museo Pigorini dal 1985 in quella che si chiamava Soprintendenza Speciale al Museo ma personalmente ho sempre pensato di lavorare in un museo e non in una soprintendenza. Dal 2017 siamo autonomi nella nuova realtà museale del Museo delle Civiltà. Mi è sembrata da subito una opportunità lavorativa enorme: comunicare un museo “nuovo”, partendo da zero, credo che sia il sogno di un comunicatore museale. Nel Direttore Gambari è stato subito evidente constatare che ci si muoveva su un territorio comune, su una visione del museo con al centro il cittadino. In tanti hanno elogiato le sue qualità, la sua autorevolezza, la sua sapienza, aggiungo solo un ricordo e mi permetto di essere ironico perché in molte situazioni era piacevole fare da “spalla” alle sue battute, sempre pronto a cogliere lo spunto e rilanciare la battuta.
I suo primi interventi in pubblico, con delle slide “impresentabili”, come comunicazione, duravano oltre i limiti consentiti. Più volte gli ho passato il foglietto con scritto “5 minuti”. Ebbene da questi primi interventi mi mandava prima il ppt per una “revisione” e alla fine della presentazione mi diceva “stavolta sono stato più sintetico?”. Ecco la sua grandezza e il perché noi siamo qui a raccontarla.
Un caro saluto, Direttore. Gianfranco Calandra
Caro Filippo,
Francesca Maria Quarato
Oggi mi tocca ricordare il mio Direttore F.M. Gambari, un amico e collega, ma soprattutto quasi un fratello maggiore, che dispensava consigli, indicazioni e soluzioni su qualsiasi problematica io incontrassi nel lavoro e nella vita privata, vittima di questa assurda pandemia che ci accompagna ormai da molto tempo.
Filippo era dell’idea che un museo non deve essere solo un forziere di beni archeologici magari rarissimi e oggetto di visite continue, ma anche un riferimento per il quartiere dove si trova, un centro dove potere vedere l’evoluzione della società e dei suoi complessi sistemi, riteneva importante abbinare alla comunicazione museale più strettamente legata alle collezioni, temi etici e di rispetto dell’ambiente. Quando nel 2018 appena arrivato al Museo incontrò i suoi funzionari, discorrendo su come affrontare le problematiche di costruzione di questo nuovo museo autonomo, così complesso e sfaccettato, archeologia preistorica, orientale, dell’alto medioevo, etnografia italiana, extraeuropea, africana, la sua attenzione venne attratta da una mia attività esterna alla mia professione di archeologo, l’apicoltura. Cominciammo quindi a chiacchierare di questa particolare attività coincidente tra l’altro con alcune mie ricerche sull’uso dei prodotti dell’alveare nelle comunità preistoriche ed in particolare di quella neolitica de “La Marmotta”, e a ideare un progetto di apicoltura urbana consistente nel posizionamento di alcuni alveari sul terrazzo del Museo e di alcune arnie da osservazione nella sala dedicata ai materiali del sito neolitico de “La Marmotta”. Era Filippo e siamo noi ancora convinti che la funzione di “sentinella dell’ambiente” attribuita alle api, si basi sull’idea che la presenza delle api sia garanzia di un ambiente salubre, e questo è stato nei decenni documentato da molteplici riscontri scientifici, Il progetto dal titolo Le api sentinelle dell’ambiente e lo slogan To bee or not to be, inaugurato da Filippo nel dicembre 2019, e portato avanti in collaborazione con Canapi e il Museo di Monterenzio è entrato a fare parte della rete nazionale di monitoraggio ambientale del progetto “Api e Orti” coordinato da Claudio Porrini, tecnico presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari (DISTAL) dell’Università di Bologna del dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Bologna, in collaborazione con Legambiente, finalizzato alla ricerca, sulle api e nel miele, di 400 pesticidi e 10 metalli pesanti, ricerca utile, a livello dimostrativo, circa le potenzialità degli indicatori biologici, nel nostro caso le api, nella valutazione dello stato di salute dell’ambiente in cui viviamo. A ottobre del 2020 avevamo fatto il primo raccolto di miele, che come sorridendo diceva sempre Filippo, le 80.000 nuove dipendenti del museo con ufficio sul tetto, hanno prodotto in totale autonomia. Mario Mineo