La diffusione dell’alfabeto in Europa (e della scrittura musicale)

Un tema drammaticamente all’ordine del giorno in questo periodo è proprio la validità e sostenibilità dell’attuale struttura dell’Unione Europea ed il rapporto con i suoi valori fondanti. Risulta dunque più che mai vivificante, a 70 anni dalla Dichiarazione Schuman e dall’inizio dell’ormai lungo cammino di unificazione, rifarsi ai documenti originari che, riletti ancora oggi, risultano più ricchi di valori ideali, meno legati ad una visione economicistica (che invece ha fortemente segnato negli anni la loro progressiva attuazione), più ancorati ad una progettualità culturale e civile.

Questo vale naturalmente già per il Manifesto di Ventotene, scritto durante il confino da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi nel 1941 e pubblicato clandestinamente qui a Roma nel 1944 da Eugenio Colorni, che ne scrisse personalmente la prefazione poco prima di essere ucciso.
La Dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950 diede origine alla Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, un organo solo apparentemente ristretto all’ambito economico in quanto, mentre ancora erano fumanti le rovine lasciate dalla seconda guerra mondiale, proponeva una gestione europea delle principali materie prime allora necessarie per la corsa agli armamenti. Pur in un contesto molto politico e nazionale, legato al Ministero degli Esteri francese, tale dichiarazione iniziava proprio con queste parole:

La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano. Il contributo che un’Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche.

Vale a dire un recupero culturale ed una promozione della civiltà per costruire un futuro di pace, a ben vedere la stessa ragion d’essere del nostro Museo delle Civiltà. Dal 19 marzo 1958 al 1960, Robert Schuman fu poi il primo presidente dell’Assemblea parlamentare europea, eletto all’unanimità. Alla fine del suo mandato fu proclamato dall’Assemblea “padre dell’Europa”.

Festeggiare efficacemente l’Europa il 9 maggio vuol dire dunque impegnarsi a recuperare quei valori iniziali, il portato politico e culturale di figure come Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni, Alcide De Gasperi, Conrad Adenauer, Robert Schuman e Jean Monnet. Quella forza etica vitale ed inestinguibile dell’Europa che ha fatto sì, per esempio, che proprio dall’Unione Europea partisse in questi giorni l’iniziativa per sostenere e lanciare una raccolta di fondi per la messa a disposizione di un vaccino contro il CoViD19, che potesse risultare disponibile per tutti i paesi del mondo, senza oneri derivanti da lucro speculativo.

In questo quadro un museo come il nostro può nel suo ambito richiamare l’attenzione sugli oggetti, o meglio sui segni, collegati ai messaggi di civiltà. Risulta per esempio del tutto evidente che è stata l’Europa a diffondere nel mondo i più diffusi sistemi di registrazione e trasmissione di fonemi, melodie e relazioni matematiche, vale a dire l’alfabeto latino, la scrittura musicale, le espressioni ed equazioni algebriche. Non a caso in tutti e tre gli esempi l’elaborazione in Europa (con un rilevante ruolo proprio dell’Italia) si fonda su una fondamentale influenza dall’Oriente, a dimostrare che i momenti di maggiore crescita della cultura europea sono stati quelli in cui il nostro continente è stato capace, indipendentemente da eventuali contrasti politici, di non chiudersi a riccio in improbabili “guerre di civiltà” ma di accogliere, attraverso il Mediterraneo e di conseguenza in primis attraverso l’Italia, i più fecondi stimoli individuabili in culture orientali e nordafricane.

L’alfabeto latino, ben rappresentato nel nostro museo dalla famosissima Fibula Prenestina, nasce nella nostra penisola nell’VIII secolo a.C. da contatti con il mondo greco e, attraverso questo, con il mondo fenicio; la scrittura musicale viene sviluppata intorno all’anno Mille da Guido d’Arezzo, partendo da una tradizione fondata sulle misure matematiche di Pitagora, a sua volta trascrittore di ricerche mesopotamiche applicate alla musica per arpa; la ricerca matematica che ha permesso la rivoluzione scientifica è sviluppata in Europa agli albori dell’età moderna (a partire per esempio dalla Summa de arithmetica, geometria, proportioni e proportionalità del 1494 di Luca Pacioli, un trattato che contiene tra l’altro la teoria della partita doppia ed un manuale di algebra) ed è originata dalla trasmissione attraverso il mondo arabo islamico nel corso del Medioevo dei numeri indiani, della concezione dello zero e del calcolo algebrico.

Valorizzare le radici della cultura e della civiltà europea vuol dire dunque anche celebrare una tradizione di eclettismo ed inclusività non dogmatica, che è stato il vero motore della faticosa crescita civile, intellettuale e scientifica del nostro continente ancora nell’età moderna, pur in mezzo a conflitti sanguinosi e laceranti.

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