Le origini e la storia delle collezioni
Dal Regio Museo Nazionale Preistorico Etnografico (1875) al Museo delle Civiltà (2016)
Nel 1875 viene fondato dall’archeologo Luigi Pigorini il Regio Museo Nazionale Preistorico Etnografico di Roma nel palazzo del Collegio Romano a Roma.
Fin dalla sua fondazione esso svolge una fondamentale funzione di promozione e di coordinamento degli scavi dei siti preistorici italiani. A questa funzione si affiancano anche un’intensa e innovativa attività di alta formazione, con lo svolgimento nel Regio Museo dei corsi della prima cattedra universitaria di Paletnologia istituita in Italia, e una costante attività di divulgazione scientifica. Tale divulgazione sfociò nella creazione, nello stesso anno di fondazione del Regio Museo, di una delle prime riviste europee dedicate alle discipline preistoriche, il Bullettino di Paletnologia Italiana.
Il Palazzo del Collegio Romano, edificato alla fine del Cinquecento dalla Compagnia di Gesù, ospitava sin dal XVII secolo il Collegio dei Gesuiti e la loro raccolta di antichità e di curiosità radunata dal gesuita Padre Athanasius Kircher: sarà proprio la collezione del cosiddetto Museo Kircheriano (Musaeum Collegii Romani Societatis Jesu, 1679) il primo nucleo del Regio Museo, configurato da Pigorini come contributo all’infrastruttura culturale dell’Italia post-unitaria.
Tra il 1975 e il 1977 il Museo Nazionale Preistorico Etnografico viene trasferito nel Palazzo delle Scienze all’EUR, per lasciare i locali del Collegio Romano al nuovo Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. In questa sede conserva la sua originaria organizzazione in 2 settori: uno dedicato alla Preistoria e uno all’Etnografia Extraeuropea.
In seguito alla divaricazione scientifica e accademica tra paletnologia ed etnoantropologia, verificatasi già nei primi 2 decenni del Novecento, il dispositivo della comparazione tra società preistoriche e società di interesse etnografico, proposto e attuato da Pigorini, si sarebbe tuttavia interrotto. L’apice della progressiva crisi degli originari fondamenti museologici dell’Istituto, iniziata al Congresso di Etnografia Italiana del 1911, venne raggiunto negli anni ’70, con il trasferimento delle collezioni nell’attuale sede dell’EUR.
È con l’avvio della rilettura critica della sua storia che sono emersi molti spunti utili a rilanciarne la missione istituzionale, attraverso anche i cambiamenti dell’allestimento museale, a partire dagli anni Novanta del XX secolo, incentrati sulle nuove prospettive scientifiche e accademiche.
Raccogliendo criticamente l’eredità delle precedenti interpretazioni, il Museo delle Civiltà, a partire dalla sua istituzione nel 2016, svolge le proprie attività di ricerca con approcci teorici e metodologici che si distaccano da alcuni dei presupposti che avevano caratterizzato la nascita dell’istituzione alla fine del XIX secolo e dai suoi metodi di ricerca ancora di matrice positivista. Nel museo non è quindi più applicata la comparazione tra “primitivo” preistorico e “primitivo” etnografico, ed è con questa stessa logica che l’attuale presentazione delle collezioni reinterpreta anche il concetto stesso di “preistoria”.
La Collezione di Preistoria e Protostoria
Il Museo delle Civiltà conserva la più ampia e articolata collezione preistorica italiana, composta da oltre 150.000 reperti e manufatti provenienti da siti archeologici italiani e internazionali, lungo un arco cronologico che si estende dalle più antiche fasi dell’Età della Pietra fino alle prime forme di scrittura. Nel percorso di visita esposti reperti conosciuti insieme a reperti raramente o mai esposti: l’originale del cranio neandertaliano Guattari 1 dalla Grotta Guattari Circeo; le 3 “Veneri” dai siti Savignano, Lago Trasimeno e La Marmotta; le piroghe recuperate dal fondo del lago di Bracciano, insieme a centinaia di reperti dal villaggio neolitico de La Marmotta; la necropoli e l’abitato eneolitico di Gricignano d’Aversa; la cosiddetta “Tomba della Vedova”, i materiali del sito di Polada e il “ripostiglio” di Coste del Marano; un “bronzetto” di guerriero e le spade rituali della cultura nuragica. Conclude il percorso espositivo la Fibula Prenestina in oro, su cui è possibile leggere uno dei più antichi esempi di scrittura latina.
La Preistoria si pone convenzionalmente “prima della storia”, in un periodo compreso tra le prime evidenze di cultura materiale, prodotte dai nostri antenati, e i più antichi documenti, quando le società umane hanno iniziato a usare segni grafici come forma di scrittura per rappresentare il linguaggio. La Preistoria copre quindi un arco di tempo incomparabilmente più lungo rispetto alla durata complessiva di tutti i periodi successivi: gran parte della storia umana è rappresentata dalla Preistoria.
È molto importante, però, dare rilievo al fatto che i fenomeni che caratterizzano la Preistoria – dalle produzioni artistiche alla domesticazione di piante e animali, dalla formazione di insediamenti stabili alla trasformazione e utilizzo dei metalli – sono avvenuti con tempi e modalità differenti nelle rispettive regioni geografiche. Per questo, le date dell’inizio e della fine della Preistoria, come per le sue fasi intermedie, possono variare a seconda dell’area di riferimento. Durante i periodi più antichi della Preistoria, inoltre, diverse forme umane sono convissute prima di succedersi l’un l’altra, adattandosi di volta in volta ai cambiamenti climatici e ambientali avvenuti nel corso del tempo. È con Homo sapiens che le comunità arrivano a popolare gran parte delle terre emerse, sviluppando sistemi culturali complessi e diversificati. Anche nelle più antiche società umane possiamo individuare fenomeni di tradizione e innovazione, radicamento e mobilità territoriale, regole e flessibilità sociale, senso identitario e apertura a contatti e scambi. La Preistoria è, dunque, non solo una parte integrante della storia umana, in cui si delineano tutte le caratteristiche fondamentali dell’umanità, ma è in sé una storia composta di storie articolate e intrecciate fra loro.
Anche in assenza di fonti scritte è possibile studiare questo passato “prima della storia”: infatti l’analisi e l’interpretazione dei dati naturalistici (geologici, paleontologici, genetici) e delle evidenze della cultura materiale (reperti archeologici) permettono di ricostruire i contesti ambientali e una molteplicità di dettagli sulla vita quotidiana delle antiche società umane, in tutte le loro fasi, restituendoci nel loro insieme molteplici sistemi di pensiero, invenzioni culturali, organizzazioni economiche, politiche e sociali in un intreccio che non ha seguito un’evoluzione lineare ma che ha conosciuto invece continui adattamenti e trasformazioni, migrazioni, contatti, competizioni, crisi e, persino, estinzioni.
La ricerca archeologica moderna si fonda, quindi, sulla collaborazione interdisciplinare e sul progressivo perfezionamento delle tecniche e degli strumenti di indagine, nonché sulla costante rielaborazione dei modelli teorici che permettono una sempre più aggiornata e affidabile interpretazione di ciò che definiamo “Preistoria”.
Il riallestimento della collezione di Preistoria e Protostoria
Preistoria? Storie dell’Antropocene
Dalle collezioni
Archivio in aggiornamento