Chi erano e come hanno vissuto i bambini medievali di Valdaro? Queste le domande alla base dello studio – appena pubblicato sul Journal of Archaeological Science: Reports – condotto da un gruppo di ricercatori italiani guidati da Federico Lugli e Stefano Benazzi (Università di Bologna) con la collaborazione del Museo delle Civiltà di Roma (Luca Bondioli, Alessandra Sperduti e Alessia Nava) e di altri enti di ricerca.

La necropoli altomedievale di Valdaro (Mantova) ha restituito i resti scheletrici di ben 30 subadulti, di età compresa tra i 3 mesi e i 15 anni circa.

La ricerca ha integrato le analisi antropologiche con l’innovativo metodo di identificazione del sesso, basato sull’analisi dell’amelogenina (una proteina contenuta nei denti). La tecnica ha permesso di individuare la presenza di 13 bambini e 17 bambine, un dato altrimenti impossibile da ottenere, data la pressoché totale mancanza di elementi di corredo. L’unica evidenza utile è rappresentata, infatti, da una coppia di orecchini indossati da una bambina al momento della sua deposizione.

Un altro interessante risultato riguarda le evidenze patologiche; queste sembrano indicare un peggior stato di salute dei bambini rispetto alle bambine.

Lo studio utilizza un metodo moderno, poco costoso, rapido, affidabile e minimamente distruttivo per la diagnosi del sesso di soggetti altrimenti non determinabili. L’analisi delle proteine dello smalto apre dunque ad un futuro di ricerche che permetteranno di dare sempre più voce a chi, nella storia antica, è stato spesso invisibile o negletto: i bambini.

Link all’articolo: https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S2352409X20304168