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Museo delle Civiltà
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Piazzale Guglielmo Marconi, 8/14 Roma

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Data

25 Mar 2021
Expired!

Ora

16:00 - 19:00

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Conferenza

Dantedì – Conferenza online

Lèggere Dante al Museo delle Civiltà

Il Museo delle Civiltà, in occasione del “Dantedì”, giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri, e in previsione della Mostra “Ne la città dolente. Viaggio nel mondo dei morti” che sarà allestita in autunno per celebrare il settecentesimo anniversario della morte del poeta, organizza un pomeriggio di miniconferenze.

Link per il collegamento: meet.google.com/xpd-fzvd-kfj​

Interverranno:

Loretta Paderni – Introduzione alle iniziative del Museo delle Civiltà per le celebrazioni dei settecento anni dalla morte di Dante Alighieri.

Alessandra Sperduti – Annuncio della Mostra Ne la città dolente. Viaggio nel mondo dei morti (settembre 2021). Con la Divina Commedia, Dante ci parla dell’umanità intera e del significato profondo della vita e della morte: racconta personaggi, storie e miti, stimola riflessioni morali, rappresenta filosofie e religioni. La mostra Ne la città dolente. Viaggio nel mondo dei morti raccoglie l’universalità del Sommo Poeta per estenderla ulteriormente nel tempo e nello spazio, proponendo una narrazione polifonica di come le diverse società e culture umane abbiano concepito e si siano rapportate con il mondo dei morti. Il visitatore seguirà Dante attraverso l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso in un viaggio scandito dai versi della Commedia, a cui è affidato il ruolo di introdurre temi, contenuti e oggetti del Museo, in un gioco di rimandi, suggestioni e contrapposizioni. La mostra si inserisce tra le iniziative finanziate dal Ministero per le celebrazioni dei settecento anni dalla morte di Dante Alighieri.

Massimiliano A. Polichetti – “Vexilla regis prodeunt inferni” (Inferno XXXIV, 1) – Oriente e Occidente: demonologie a confronto. «“Dio esiste o no, una volta per tutte?” “No.” “E chi si prende gioco degli uomini, Ivan?” “Il diavolo, probabilmente.”» (Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov). Nelle civiltà ispirate dalle religioni abramitiche (Ebraismo, Cristianesimo e Islam) è talmente presente il ricorso alla personificazione del male che persino in contesti non necessariamente spirituali – il dialogo ora riportato così lascerebbe intendere – la “tentazione” di credere all’esistenza di entità malevoli oggettivamente esterne all’uomo rimane un’opzione cui, con minore o maggiore consapevolezza, si tenderebbe – a dispetto d’ogni secolarizzazione – ancora oggi a ricorrere. D’altra parte, in contesti religiosi dissimili, soprattutto in quelli improntati al “non dualismo” tra un creatore e la propria creazione, i portentosi esseri rappresentati ad esempio nell’arte del Buddhismo mahayana-vajrayana possono provocare trasformazioni profonde nella coscienza di chi vi si accosta. Le stesse inquietanti divinità terrifiche, le manifestazioni irate della mente dei buddha non sono più dunque «le bieche deità delle culture primitive, avide di sangue e di sacrifici; divengono simboli di momenti e di forze della psiche individuale e collettiva, non più proiettate fuori dell’anima come potenze implacabili e nocive, ma riconosciute come un dato dell’esperienza.» (Giuseppe Tucci, Teoria e Pratica del Mandala).

Francesca M. Anzelmo, Ilenia Bove – Dante e lo stupore dei Barbari per l’antica Roma (in Paradiso XXXI, 31-42) – Le gemme romane dei Longobardi di Nocera Umbra e Castel Trosino. Quando Dante giunge nell’Empireo, decimo e ultimo Cielo a partire dalla Terra, in cui hanno sede Dio, i cori angelici e la candida rosa dei beati del Vecchio e del Nuovo Testamento, la visione è potente e commovente e Dante è colto da un profondo senso di stupore. Per descrivere la forza e l’eccezionalità del sentimento provato da chi, come lui, era arrivato dalla dimensione umana a quella divina, dalla temporalità all’eterno, dalla turbolenza politica della Firenze del suo tempo al popolo giusto dei beati, Dante paragona il suo stupore a quello provato dai Barbari, venuti dal Nord, di fronte alla Roma antica. Le terzine dantesche faranno da spunto per la presentazione di alcuni manufatti di oreficeria del Museo dell’Alto Medioevo “Alessandra Vaccaro” provenienti dai corredi delle necropoli di Nocera Umbra e Castel Trosino, attraverso i quali osservare il rapporto che i Longobardi intrecciarono con oggetti preziosi di epoca romana tra fascino per l’antico, esigenze di status e possibili funzioni amuletiche e protettive. 

Francesca Alhaique, Gaia Delpino (con il contributo di Francesca M. Anzelmo, Paolo Boccuccia, Ilenia Bove, Maria Luisa Giorgi, Laura Giuliano, Michael Jung, Claudio Mancuso, Gabriella Manna, Donatella Saviola) – Il valore simbolico e culturale degli animali – un viaggio nel tempo e nello spazio attraverso la lente di Dante. Gli animali, reali o immaginari che siano, sono elementi che ricorrono di frequente nella Divina Commedia e in altri testi danteschi; in alcuni casi essi rivestono un significato simbolico, come le tre fiere (Inferno I, 31-60), in altri sono utilizzati nelle similitudini, si vedano ad esempio le ali da “vispistrello” di Lucifero (Inferno XXXIV, 49), o infine rimangono sullo sfondo delle vicende narrate contribuendo a crearne l’ambientazione (i buoi che tirano il carro con l’arca dell’Alleanza raffigurati nel bassorilievo in Purgatorio X, 56). Inoltre, uno stesso animale può assumere ruoli e significati differenti a seconda del contesto; ad esempio un cane è Cerbero (Inferno VI, 13-15), ma anche il veltro (Inferno I, 101), come pure il “cane intra due dame” (Paradiso IV, 6) che è una delle rappresentazioni del Dante dubbioso. Traendo ispirazione dagli animali citati da Dante e dal loro significato, si prenderà in esame il ruolo – non solo meramente legato alla sussistenza – che alcune specie hanno rivestito presso diverse culture in un percorso che si intreccia tra Paleolitico ed età contemporanea attraverso i cinque continenti, con l’ausilio dei materiali delle nostre collezioni museali o che sono stati oggetto di studio da parte del personale tecnico-scientifico del Museo delle Civiltà.

Claudio Mancuso – “Poscia, più che ’l dolor, poté ’l digiuno” (Inferno XXXIII, 75)​ – Il cannibalismo tra storia e antropologia. All’interno della cultura occidentale, il cannibalismo costituisce un fenomeno oscuro e inquietante, che tuttavia esercita una potente e perdurante attrazione. A partire dai celebri versi danteschi, sarà proposta una breve ricostruzione della rappresentazione del cannibalismo nel pensiero europeo. A seguire, l’attenzione sarà focalizzata su una prospettiva più marcatamente antropologica, con l’analisi degli oggetti legati al comportamento antropofagico in Oceania presenti nelle collezioni del Museo delle Civiltà.

Gaspare Baggieri – La Medicina al tempo di e con Dante – Testi e Contesti. «e ’l sangue, ch’è per le vene disperso, fuggendo corre verso lo cor, che l’chiama; ond’io rimango bianco.» (dalla Canzone “Così nel mio parlar voglio esser aspro”, Rime CIII, 45-47). Il 15 del mese di giugno del 1300 Dante veniva eletto a priore della città di Firenze per l’arte dei medici e degli speziali, nomina dovuta ovviamente a meriti politici. Ebbene, rimane stupefacente come nel poema ed in altre opere si trovino frequenti riferimenti precisi alle malattie. Se Dante non fu medico certamente egli ha avuto familiarità con i medici del tempo, anche alla luce del fatto ch’egli si occupò a Padova e a Bologna di medicina. I suoi versi ci offrono spaccati sintomatologici delle febbri malariche, del dimagrimento, dell’epilessia, dell’anatomia e della generazione, della fisiologia, di medici del suo tempo e delle influenze di quelli del passato, sullo sfondo di una Firenze che qualche decennio dopo la sua morte avrebbe conosciuto l’immane tragedia della peste descritta bene da Boccaccio, lo stesso che con passione il 23 ottobre del 1373 avvierà nella chiesa di Orsanmichele la Lectura Dantis, declamata ed esegetica. Programma: lèggere dante al muciv 2021

Programma generale del MiBACT: https://dantesettecento.beniculturali.it/

The event is finished.