Karma, rinascite e liberazione
Incontro a cura di Ghesce Dorjee Wangchuck, Maestro residente dell’Istituto Samantabhadra di Roma. Evento parte del parte del programma Storie d’EUR_Asia
Ingresso gratuito. Prenotazione consigliata
Il Buddhismo del “grande veicolo” (mahayana), cui afferisce il vajrayana indo-tibetano (uno dei suoi esiti liturgici, esoterici e iniziatici), elegge quale parametro di santità la figura del “essere del risveglio” (bodhisattva) che – motivato da altruismo – continua a “reincarnarsi” finché tutti gli esseri non siano stati salvati.
Nel linguaggio che si sta formando all’interno del “insegnamento del Buddha” (buddhadharma) nella sua diffusione oramai globale, vengono distinti il concetto di “rinascita” da quello di “reincarnazione”. Per “rinascita” si dovrebbe intendere il “divenire inconsapevole” (bhavati) mosso coattivamente dal karma, ovvero dagli effetti delle azioni compiute vita dopo vita. La “rinascita” è il fenomeno che riguarda la maggioranza degli esseri che sperimentano il samsara (ciclo delle rinascite connotate dalla sofferenza). La “reincarnazione”, nel senso di rinascere consapevolmente in tutti i reami che necessitino soccorso, riguarda invece quei pochissimi che, avendo stabilito un controllo eccezionale sul proprio continuum mentale, riescono a veicolare consapevolmente questo flusso di coscienza in continua modificazione.
Il bodhisattva si sforza di raggiungere il “risveglio” (bodhi), iniziando dal progressivo annullamento delle “emozioni dissonanti“ (klesha) che costringono i trasmigratori a rinascere, inconsapevolmente e senza possibilità di scelta, negli ambiti esistenziali che costituiscono il ciclo delle esistenze, o samsara: inferni, spiriti famelici, animali, esseri umani, titani e divinità mondane. Si tratta di sei contesti ontologico-percettivi posti in essere dal karma, l’implacabile legge di causa-effetto alla quale lo studio e la pratica del dharma sono contrapposti quali unici antidoti efficaci per l’ottenimento d’una liberazione che ha, per prima conseguenza, l’affrancamento dalle rinascite involontarie nel samsara.
BIO
Il venerabile maestro Ghesce Dorjee Wangchuck è nato il 15 giugno 1966 in Bhutan, paese situato tra il Tibet e l’India. All’età di 10 anni è entrato nel monastero Rigsum Gompa nel Bhutan orientale, dove ha iniziato gli studi di Buddhismo ed ha intrapreso un corso di medicina tibetana di otto anni. Nel 1985 è entrato nel monastero di Gaden Jangtse a Mundgod, nello stato di Karnataka (India meridionale), dove ha studiato filosofia buddhista, le arti ed i rituali per venti anni fino all’ottenimento nel 2004 del titolo di Ghesce (dGe bshes, “maestro di conoscenza e virtù”). Successivamente è entrato nel monastero tantrico Gyudmed, sempre nello stato indiano del Karnataka, completando con successo gli studi del vajrayana, fino all’ottenimento nel 2006 del titolo di “maestro nella conoscenza del mantra” (Ngarampa).
Durante il suo percorso di studi e pratica buddhista ha ricevuto numerosi insegnamenti da insegnanti di tutte le scuole filosofiche del Buddhismo tibetano. Oltre ad essere un capace maestro per lo studio e la pratica del Buddhismo, esercita anche la professione di terapeuta, trattando pazienti in Italia e all’estero.
Per nove anni ha ricoperto il ruolo di direttore e medico del Tibetan Medical Center presso il monastero di Gaden Jangtse. Dal settembre 2018 ricopre il ruolo di maestro spirituale dell’Istituto Samantabhadra in Roma, dove vive.
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In copertina: Ghesce Dorjee Wangchuck, Lama residente dell’Istituto Samantabhadra – Centro studi di Buddhismo tibetano