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Home 9 Non categorizzato 9 Scrittura

La scrittura nel Vicino Oriente

 

La scrittura è stato non solo uno dei passaggi fondamentali di una lunghissima storia che, a partire dai primi graffiti noti prodotti ca. 75.000 anni fa da Homo sapiens, ha visto gli esseri umani esprimere – attraverso immagini, segni e simboli, su supporti più o meno deperibili – concetti destinati ad altri membri della comunità. Ma, convenzionalmente, è proprio all’adozione della scrittura che si affida il momento che contrassegnerebbe il possibile passaggio fra Prei-storia e Storia.

 

Svariati sono i luoghi nei quali la scrittura si è sviluppata in differenti forme (per esempio alfabetica o idiografica) e, probabilmente, con differenti finalità. Nell’area mediorientale e mediterranea – in cui diversi furono i sistemi alfabetici sperimentati e adottati, i più importanti dei quali tutt’ora in uso – la nascita della scrittura appare connessa alle esigenze di annotazione delle burocrazie statali dei grandi regni centralizzati. A livello storico, uno dei vantaggi garantiti dalla scrittura a questi apparati burocratici è che la scrittura rende più stabili sia la forma che i contenuti delle comunicazioni, rispetto alle tradizioni orali in cui sono possibili modifiche a causa dell’interpretazione dell’oratore. In questo senso la lingua scritta ha contribuito a fissare e normare i vari campi del sapere umano. A Creta, la tecnica consistente nell’esprimere le parole attraverso i segni era già nota grazie ai contatti, negli ultimi secoli del IV millennio a.C., con le civiltà della Mesopotamia e dell’Egitto. In queste regioni l’“invenzione della scrittura” passò attraverso vari livelli di notazione simbolica, approdati infine al sistema delle tavolette iscritte e delle cretule sigillate; i sigilli (in pietra, avorio o oro), montati ad anelli o appesi al collo, avevano, come le tavolette, una funzione amministrativa e contabile, e venivano impressi su noduli di argilla cruda, chiamati cretule, applicati su cordicelle che chiudevano vasi-panieri e/o forzieri e porte, per controllare le entrate e le uscite delle merci dai magazzini. Le cretule venivano quindi conservate in archivi, per consentire il controllo delle operazioni effettuate, costituendo uno dei primi strumenti di contabilità. I sistemi di annotazione costituiti dalle tavolette e dai sigilli determinarono a Creta, proprio come in Oriente, lo sviluppo dell’economia palaziale; i Cretesi inoltre non adottarono alcun modello esistente di scrittura ma svilupparono un proprio sistema su base sillabica, in cui a ogni segno corrispondeva una sillaba. La scrittura minoica più antica, chiamata “geroglifica”, appare nel periodo Minoico Medio IA, poco prima della nascita dei Primi Palazzi (intorno al 2000 a.C.), e scompare nel corso del periodo Neo-palaziale (intorno al 1650 a.C.): ne troviamo testimonianza soprattutto a Mallia e a Cnosso su sigilli, vasi e documenti d’archivio in argilla cruda, quali tavolette e cretule. In seguito, durante il periodo dei Primi Palazzi (Minoico Medio II – 1.800 a. C.) si sviluppò la scrittura Lineare A, che divenne il maggior sistema di scrittura di Creta per tutto il periodo Neo-palaziale e ebbe un’ampia diffusione anche nelle isole dell’Egeo controllate da Creta (Coo, Melo, Tera, Citera, Samotracia): a causa dell’esiguo numero dei testi disponibili le due scritture non sono ancora state decifrate. Intorno al 1450 a.C. (fine della fase Tardo Minoico IIIA1) compare a Creta un terzo sistema di scrittura, Lineare B, probabilmente elaborata dai Micenei nella Grecia continentale o a Cnosso come un adattamento della Lineare A alle esigenze espressive della loro lingua: la Lineare B, non essendo altro che un dialetto antico della lingua greca, è stata decifrata.

 

 

Stele di Novilara: una lingua ancora sconosciuta 

 

Rinvenuta nel 1892 presso la necropoli picena di Novilara (Pesaro e Urbino), la Stele di Novilara è una stele in pietra arenaria. Non proveniente da scavi regolari, essa è datata tradizionalmente al VI sec. a.C. ed è attribuibile più precisamente al sito di S. Nicola in Valmamente, poco distante da Novilara (la cui necropoli venne abbondonata alla metà del VI secolo a.C.).

 

La lingua in cui è stata redatta l’iscrizione sulla faccia A della stele non è stata ancora decifrata e i suoi segni grafici (interpretabili foneticamente) potrebbero essere stati parte di un sistema linguistico non ancora individuato- Sulla faccia B della stele sono presenti incisioni di natura figurativa, che è possibile definire come delle vere e proprie scene, con un probabile contenuto informativo. Gli studi fino ad oggi condotti suggeriscono alcune attinenze tra la lingua della stele e il sistema di scambi nell’Adriatico pre-greco, ancora in corso di studio.

 

 

Alfabeto e lingua latina: Fibula prenestina e Anfora di Capena (né un inizio, né una fine)

 

In questa sala, in cui si conclude il percorso delle collezioni (prei)storiche del Museo delle Civiltà, si propone un richiamo, di valore anche simbolico, ai primi documenti scritti della lingua latina, indicativi della cultura materiale dell’epoca in cui si origina e si forma la cultura di quel Lazio antico su cui si innesterà la nascita di Roma.

 

Rari – e oltretutto offuscati dalla ricchezza degli scritti degli storici latini successivi – sono i reperti archeologici che ci informano sulle origini della lingua latina, di come e quando essa, da linguaggio parlato, si sia organizzata in lettere, e quindi in scrittura. Il Museo delle Civiltà conserva nelle sue collezioni (prei)storiche 2 di questi eccezionali reperti archeologici. Il primo è la Fibula prenestina in oro, sulla quale è incisa la frase, leggibile da destra a sinistra, “Manios med fhefhaked Numasioi”. L’iscrizione – composta da solo quattro parole ma scritte in un latino talmente arcaico che gli stessi antichi romani avrebbero stentato a capirle, è traducibile con “Manio mi ha fatto per Numasio. Il prezioso reperto è datato al VII secolo a. C., di conseguenza l’affermazione di Manio, e cioè che egli stesso aveva confezionato quell’oggetto per Numasio, costituisce la più antica testimonianza della lingua latina giunta sino a noi. Il termine “fhefhaked, traducibile con “fece/ha fatto, fu colpevole, in passato, di una presunta falsità del reperto, che ha trovato invece riscatto in alcune epigrafi scoperte in seguito nel territorio posto immediatamente a nord di Roma, occupato dagli antichi Falisci, la cui lingua è fortemente imparentata con quella latina. Da questo stesso territorio proviene un altro eccezionale reperto, conosciuto come l’Anfora di Capena, rinvenuta nella Tomba 2 della necropoli di Monte Laceto (Capena), sul cui ventre è chiaramente inciso un alfabeto. L’alfabetario è una testimonianza diretta dell’adattamento dell’alfabeto etrusco ad una lingua strettamente imparentata al latino, con una variante rispetto all’alfabeto canonico. Questi manufatti non rappresentano né un inizio né una fine, ma solo la continuazione in atto della storia umana, i cui esiti successivi sono custoditi presso altri musei: il percorso, quindi, continua, soltanto altrove.