L’Egeo nell’Età del bronzo: l’avvio di una cultura omogenea
Tra 3200 e 2100/2000 a.C. ca. le comunità che vivevano nella Grecia continentale (area elladica), nell’isola di Creta (area minoica), nelle piccole isole dell’Egeo (area cicladica) e sulle coste dell’Anatolia (area troiana) svilupparono una cultura relativamente omogenea. I rapporti e gli scambi reciproci, la partecipazione allo stesso sviluppo tecnologico e culturale, la diffusione della metallurgia, connessa alla comune necessità di reperire minerali (vista la scarsità dei giacimenti metalliferi presenti in quelle aree), determinano strutture culturali, economiche e culturali analoghe.
I villaggi dell’area egea occupavano aree strategiche, non abitate nell’epoca precedente. Le case, raggruppate in isolati delimitati da strade lastricate e affacciate su spazi comuni, furono interessate dalla comparsa (accanto alle abitazioni con uno o 2 ambienti) di residenze più articolate con stanze principali circondate da magazzini e scale che conducevano al piano superiore, soluzioni costruttive certamente determinate dall’esigenza di gestione del surplus prodotto, e quindi scambiato. Intorno al 2500 a.C. ca. in queste aree sorsero veri e propri centri proto-urbani (come Panormos, Myrtos, Troia, Thermi, Poliochni, Lerna), nei quali la programmazione degli spazi comuni e l’emergere di una sempre maggiore differenziazione sociale è testimoniata dalla presenza di costruzioni monumentali collettive (mura o altre strutture con particolari funzioni sociali e religiose). La crescita di tutta l’area fu determinata (in particolare nelle Cicladi, area centrale e di passaggio tra le varie aree egee) dallo sviluppo delle tecniche metallurgiche, da una maggiore diversificazione nella produzione di oggetti metallici (oltre alle armi venivano prodotti sempre più ornamenti e utensili) e nella cantieristica navale. La relativa omogeneità culturale cessò verso la fine del III millennio a.C. in seguito a sconvolgimenti connessi anche a movimenti di popolazione. A Creta e nelle Cicladi si verificò uno sviluppo caratterizzato dall’espansione delle città, dalla crescita dei commerci e, a Creta, dall’adozione di un sistema politico-economico simile a quello delle coeve civiltà del Vicino Oriente; nella Grecia continentale, invece, permase il sistema precedente.
L’Egeo nell’età del bronzo: le civiltà palaziali
Tra il 2000 e il 1700/1600 a.C. ca. nacquero a Creta edifici monumentali (sistema palaziale) che accentravano le attività economiche, amministrate da funzionari: intorno a questi palazzi, non protetti inizialmente da mura, si svilupparono le città.
I quartieri del palazzo erano organizzati attorno a un cortile centrale: al piano terra i magazzini, le sale di culto e le stanze di servizio; al primo piano le stanze d’abitazione e di ricevimento, gli uffici e i laboratori. Le pareti delle sale principali venivano decorate con affreschi policromi. Il palazzo gestiva la produzione di tutte le risorse (principalmente cereali, vite e ulivo) e ne organizzava l’immagazzinamento e la distribuzione. Lo sviluppo di un artigianato specializzato costituì la naturale conseguenza di questa organizzazione sociale. Intorno al 1700 a.C. tutti i palazzi maggiori vengono distrutti e, sulle rovine dei “Primi Palazzi”, vengono costruiti i “Secondi Palazzi”. Il periodo quindi dal 1700 al 1450 a.C. ca. corrisponde all’apice della civiltà minoica: nel momento in cui Creta estendeva la propria influenza commerciale su tutto il Mediterraneo orientale la città di Cnosso assunse il predominio sull’intera isola. Nel Palazzo di Cnosso si accentravano anche tutte le produzioni: la sua organizzazione garantiva l’approvvigionamento delle materie prime e nei suoi laboratori erano impiegati artigiani che producevano per le élite e per le esigenze del culto. In questo modo le industrie di oggetti di lusso furono provviste di mezzi, strutture, personale e clientela di cui non disponevano in precedenza; i vasai adottarono il tornio, che consentiva la fabbricazione di vasi dalle pareti estremamente sottili; mentre metallurghi e orafi affinarono tecniche di produzione sempre più raffinate. Tra il 1550 e il 1050 a.C. ca. anche la Grecia continentale sviluppò una propria civiltà palaziale, quella micenea. I palazzi micenei erano dotati di cinte murarie (“mura ciclopiche”) spesso costruiti su alture difendibili (come Micene, Tirinto, Atene). La produzione metallurgica è documentata dai ricchissimi corredi tombali rinvenuti a Micene, comprendenti armi, vasi e maschere d’oro. Le ceramiche micenee si diffusero in tutto il Mediterraneo, dall’Egitto all’Italia (dove queste importazioni sono presenti fin dalle fasi centrali dell’Età del bronzo), rivelando la vastità dei traffici marittimi micenei. Verso il 1200 a.C. ca. l’apogeo della civiltà micenea entrò in crisi e fu compromesso da gravi fattori non ancora del tutto chiariti, e variamente interpretati: invasione militare, rivolta sociale delle classi inferiori e crisi del sistema economico di redistribuzione palaziale, o sconvolgimenti ambientali (cambio climatico, terremoti, eruzioni).
I reperti egei conservati al Museo delle Civiltà: Heinrich Schliemann e Luigi Pigorini e le missioni archeologiche italiane a Creta
I reperti egei conservati al Museo delle Civiltà provengono dagli scavi di Festòs, Haghia Triada e Troia. Questi ultimi furono condotti dall’archeologo tedesco Heinrich Schliemann e, come testimonia anche la corrispondenza e le fonti d’archivio, essi furono donati nel 1881 da Schliemann stesso all’allora Museo Preistorico ed Etnografico di Roma, fondato e diretto dal 1876 dall’archeologo Luigi Pigorini: si tratta di una selezione di oggetti (dalle fasi Troia I-V) databili a diversi momenti, nell’ambito del III millennio a.C.
È il 1870 quando Schliemann, seguendo le descrizioni del testo omerico dell’Iliade, e quindi affissandosi a quella che altri archeologi ritenevano solo un’invenzione letteraria, giunge alla collina di Hisarlik, in Anatolia, dove rinviene i resti di un insediamento occupato dal III millennio a.C. fino all’epoca bizantina. Vi riconosce le rovine di almeno 8 abitati sovrapposti e identifica nello strato II la Troia omerica, caratterizzata da mura difensive con porte d’accesso, un grande edificio pubblico (identificato come il Palazzo Reale) e da abitazioni costruite in mattoni crudi che recano ampi segni di distruzione da incendio. Per Schliemann la conferma definitiva giunge con il ritrovamento, in prossimità del Palazzo Reale, di numerosi oggetti in oro, argento e rame, che egli interpreta come il cosiddetto Tesoro di Priamo. Oggi gli archeologi, a seguito dei più recenti scavi, riconoscono 10 fasi costruttive (numerate da I a X) e identificano quella coeva alle vicende narrate da Omero (1300-1150 a.C.) con la VI finale o la VII iniziale. In quella fase l’area occupata dall’abitato raggiunse i 27 ettari, con una cittadella di ca. 2 ettari circondata da imponenti mura difensive. Gli altri 2 lotti di reperti egei conservati al Museo delle Civiltà provengono dagli scavi condotti nei centri palaziali minoici di Festòs e Haghia Triada da parte della Missione Archeologica Italiana a Creta. La presenza della ricerca archeologica italiana a Creta risale alla fine del XIX secolo con l’inizio degli scavi a Festòs (1900) e Haghia Triada (1902), ricerca che, con alcune interruzioni, è ancora in corso. I reperti provenienti dalle prime campagne di scavo furono inviati al Museo tra il 1904 e il 1912: si tratta di oltre 1.600 oggetti pertinenti, in gran parte, a fasi comprese tra gli inizi del II millennio e il VII sec. a.C.