bruna esposito
giganti miniature
ipotesi circa il museo e note sul carnevale
La mostra ruota intorno a 16 progetti che l’artista Bruna Esposito ha concepito nel corso dei 2 anni di ricerca come Research Fellow presso il MUCIV-Museo delle Civiltà. Accostandosi al lavoro quotidiano di conservazione, analisi e racconto dell’istituzione museale, l’artista ha condiviso le sue proposte come possibili ipotesi sul museo e le sue collezioni storiche, ma senza svilupparle in opere vere e proprie per affidarle, invece, alla ulteriore riflessione del museo e dei suoi pubblici.
Esposito ha scelto di presentare la sua articolata ricerca a ridosso del Carnevale, intuendo come questa antica festività condivida la stessa visione con cui l’artista ha ipotizzato i suoi progetti. Questi ultimi sono, infatti, il risultato di un sovvertimento delle regole che organizzano tradizionalmente i percorsi espositivi e i metodi di lavoro del museo, così come il Carnevale richiama una sospensione di norme convenzionali e gerarchie sociali, permettendo agli individui e alle comunità di adottare, per un periodo limitato dell’anno, comportamenti anticonformisti e liberatorii.
A partire dal titolo della mostra, che evidenzia la coppia paradossale formata da giganti e miniature, l’artista invita a riflettere sulla monumentalità della responsabilità storica e degli edifici architettonici del Museo delle Civiltà – veri e propri giganti realizzati per la mai inaugurata Esposizione Universale di Roma (EUR) del 1942 – divenuti nel corso del tempo custodi di oggetti spesso infinitesimamente piccoli, e in alcuni casi persino immateriali, quasi fossero miniature dei valori e relazioni storiche e culturali di cui essi sono agenti e testimoni. Questo paradosso diventa il punto di vista con il quale interpretare i 16 progetti dell’artista, che riflettono sulle potenzialità ma anche sulle controversie di un museo etnografico-antropologico contemporaneo, con una scala che oscilla tra il macroscopico e il microscopico, il visibile e l’invisibile, il noto e l’ignoto, l’affermato e l’omesso.
Anche l’allestimento è incentrato su una doppia figura geometrica. La prima è quella del quadrato, che richiama la locuzione “fare quadrato”, ovvero il gesto di unirsi per proteggere collettivamente qualcuno o qualcosa. La mostra si articola infatti in quattro vetrine museali storiche poste al centro, in cui sono custoditi alcuni dei reperti e manufatti più piccoli e fragili delle collezioni, mentre sui lati della sala quattro gruppi di teche raccolgono le idee e i bozzetti, i pensieri e le simulazioni che l’artista ha proposto nel corso della sua ricerca. La seconda figura è quella del cerchio, attivato dal movimento di un ventilatore che pende dal soffitto al centro della sala, a cui sono attaccate alcune strisce di plastica colorata che lambiscono le vetrine museali evidenziandone il ruolo di discrimine e controllo.
Ogni proposta provoca del resto un piccolo ribaltamento di prospettiva sul ruolo del museo nelle sue funzioni di storicizzazione e narrazione degli oggetti che custodisce. Uno dei temi analizzato da Esposito è quello dell’incertezza, simboleggiata dal segno della tilde, che in linguaggio matematico significa ‘circa’, ovvero un’equivalenza o un’approssimazione che spesso indica una data incerta o un periodo ampio nella datazione degli oggetti. Questa incertezza ha suggerito all’artista la possibilità di selezionare, con Funzionarie e Funzionari del Museo, e accostare, al centro della sala, oggetti provenienti da collezioni – quelle di Preistoria e Arti e Tradizioni Popolari – che in genere non interagiscono fra loro: mantenendo come criterio di selezione ed equiparazione la loro piccola dimensione e l’incertezza della loro datazione, facendo scaturire da queste giustapposizioni temporanee possibili interpretazioni alternative a quelle museali. Anche il ventilatore a pale in movimento quasi inquadrato fra le vetrine sottolinea la circolarità del tempo di questi nuovi accostamenti diacronici e richiama la tensione continua tra le parti di un discorso in divenire, ma evoca anche – ed è questa immagine ad aver ispirato l’artista – la necessità di scacciare le mosche dal pesce esposto sui banchi di un mercato popolare.
Tra le varie ipotesi presentate – potenzialmente tutte realizzabili anche se consapevolmente non realizzate – una è stata già adottata dal MUCIV-Museo delle Civiltà: la proposta di donazione alle Collezioni di Arti e Tradizioni Popolari di un carro allegorico del Carnevale di Viareggio – fra le tradizioni immateriali e manifestazioni materiali di arte popolare italiana più conosciute dal pubblico – documentato in mostra da una video-didascalia. Tra le sue 18 ipotesi Esposito ha infatti proposto l’acquisizione di una figura in cartapesta di circa dodici metri di altezza intitolata Pace armata e realizzata nel 2023 dal maestro carrista Alessandro Avanzini, in occasione della 150ª edizione dello storico Carnevale. Musealizzare questa tradizione vivente significa, per l’artista, contribuire a un ribaltamento del rapporto fra cultura alta e cultura popolare, grandi e piccole dimensioni, che incarna in sé la storia stessa di questa collezioni, attribuendo ulteriore valore a una tecnica artistica solo apparentemente effimera, perfezionata nel 1925 con modelli in creta, calchi in gesso, carta di giornale e colla fatta di acqua e farina per creare strutture leggere che permettono di mettere in movimento modelli giganti e farli interagire, con ironia e sagacia, sull’attualità.
Analogamente alla tradizione dei carri viareggini, tutte le 16 ipotesi dell’artista sono un attraversamento libero e liberatorio del Museo, che prefigura scenari potenziali attraverso i quali le collezioni possano continuare a raccontare le loro molteplici storie.
16 ipotesi circa il museo e note sul carnevale
[1]
Museo delle civiltà (~) / Museo delle civiltà?, 2023
lettering su insegna e/o su segnaletica del museo con materiali vari
misure variabili
[2]
Arcobaleno monumentale, 2023
tendaggio, retroilluminazione con tessuto, impianto elettrico a basso consumo, led, ferro, legno
1000 x 5000 cm
[3]
Omaggio al 150° del carnevale di Viareggio, 2023
proposta di prestito di parte dei carri vincitori:
1° categoria: Una storia fantastica di Iacopo Allegrucci
2° categoria: Occhio e malocchio di Carlo e Lorenzo Lombardi
materiali vari, ferro, cartapesta, acrilici
misure varie
proposta di acquisizione di parte del carro 1° categoria: Pace armata di Alessandro Avanzini
materiali vari, ferro, cartapesta, acrilici
altezza circa 1200 cm
[4]
Faccetta nera, 2023
parte del carro Scusate se ci divertiamo, balla che ti passa del Carnevale di Viareggio 2004 di Gilbert Lebigre, Corinne Roger, Arnaldo Galli
cartapesta, acrilici, audio in loop, amplificatore, altoparlante
altezza 1300 cm
[5]
Le tre scimmie, 2023
cartapesta, ferro, acrilici, materiali vari
misure variabili
[6]
Museo – poesia di Wislawa Szymborska, 2023
ventagli o manifesti di carta stampata da asporto gratuito per il pubblico
21 x 29,7 cm
[7]
Pace Armata, 2023
proposta di acquisizione e installazione di parte del carro Pace armata di Alessandro Avanzini del Carnevale di Viareggio 2023
[8]
Quale arcobaleno?, 2023
dittico composto da: mosaico in marmi e pasta vitrea dai colori dell’arcobaleno; parte del carro Pace armata di Alessandro Avanzini dal Carnevale di Viareggio 2023
1000 cm circa
[9]
Gigante e miniature (2), 2023
installazione con vetro, sabbia, ventilatori, pubblico
400 x 400 x 270 cm
[10]
(~), 2023
tracce con sabbia
misure variabili
[11]
(~), 2023
mosaico con marmi misti bianchi, film, proiettore
misure monumentali (da decidere)
[12]
Ventagli, 2024
ventagli di carta stampata con disegni e versi da asporto gratuito per il pubblico
21 x 29,7 cm
[13]
Cranio di puzzola e dente di cane (~), 2023
installazione con cranio di puzzola e dente di cane (Neolitico antico: ca. 5960-5250 a.C.), teca dedicata
misure variabili
[14]
circa, 2023
installazione con glove box, lattice, plexiglass
2 x 2 x 2,70 cm
[15]
Scacciamosche arcobaleno, 2024-2025
stampa laser, ritocco a mano a pastelli colorati
[16]
Fare quadrato, 2024 / giganti miniature, 2025
vetrine, esemplari delle collezioni, bozzetti, pagine da taccuino, video, contratti, libri, mosaico, sabbia, ventilatore a tre pale, sacchetti di plastica per deiezioni canine, impianto elettrico, coriandoli
misure site specific
Courtesy l’artista e MUCIV-Museo delle Civiltà
Tilde (ipotesi 1,10,11,14)
Una delle primissime intuizioni di Bruna Esposito è stata quella di riflettere sull’affermatività dell’istituzione museale, in generale, e nello specifico su quella espressa dal nome Museo delle Civiltà, in merito a ciò che può essere definito, o meno, come “civiltà”. La prima ipotesi proposta è stata quindi quella di aggiungere il simbolo della tilde (~) a fianco del nome, Museo delle Civiltà (~), per esprimere un dubbio e rendere meno assertivo l’enunciato. Il simbolo della tilde nel linguaggio matematico e nelle datazioni è spesso utilizzato per indicare, appunto, l’approssimazione di un numero o di una data, quando non attribuibili con certezza.
(~) è anche il titolo di altri potenziali interventi dove la tilde è utilizzata. Il primo è un mosaico che riproduce nei toni del bianco il simbolo e sul quale proiettare un film che rielabori una selezione di oggetti dalle collezioni in bianco e nero, nascondendone la riconoscibilità con del fumo e portando in dialogo due tecniche, l’arte musiva e il cinema, estremamente distanti a livello storico artistico ma vicine nel gesto di smaterializzare le immagini, rispettivamente in tessere e luce. Nel secondo il simbolo della tilde è impresso su mucchietti di sabbia dalle dita dell’artista, che immagina poi di spargerli come piccole presenze, o didascalie materiche, in alcune vetrine della sezione di Preistoria del Museo.
L’interesse dell’artista per l’incertezza l’ha portata infatti ad avvicinarsi alle collezioni preistoriche, in cui spesso la datazione è espressa con un arco temporale accostato ad un ‘circa’, ossia al simbolo ~, per esprimere l’indeterminatezza dell’attribuzione e identificazione temporale. Circa è anche il titolo di un’altra ipotesi nella quale Esposito permette al pubblico di utilizzare delle glove box (cabine di sicurezza biologica, dove si solito si manipolano materiali in atmosfere protette), particolari poiché prive di qualsiasi oggetto al loro interno e pensate con lo scopo di far maneggiare allegoricamente il vuoto ed esorcizzare quindi la regola museale sull’impossibilità di toccare gli oggetti. ML
Arcobaleno (ipotesi 2, 8, 15)
Tra le prime proposte di Bruna Esposito alcune si sono concentrate sull’arcobaleno come emblema universale contemporaneo di concordia sociale e culturale: dallo scorso secolo, infatti, è diventato, prima la bandiera del movimento pacifista, e poi di quello per i diritti civili LGBTQIA+. La prima ipotesi di opera, Arcobaleno monumentale, è stata concepita in concomitanza con il restauro della storica vetrata multicolore di Giulio Rosso nel Palazzo delle Scienze del Museo delle Civiltà e proponeva di creare una vetrata provvisoria con vetri fotovoltaici nei sette colori dell’arcobaleno, integrando nell’intervento la proposta per cui il Museo avrebbe potuto produrre una parte dell’energia richiesta al suo funzionamento con energie rinnovabili, e si sarebbe temporaneamente identificato, in uno dei suoi passaggi più centrali e riconoscibili, quale punto di riferimento per diffondere una maggiore consapevolezza sulla crisi climatica e ambientale. L’arcobaleno è poi riapparso, sia fortuitamente che intenzionalmente, nel corso della Research Fellowship dell’artista. Ad esempio, in Quale arcobaleno? con l’ipotesi di creare un’iride in forma di mosaico, pensando di trasporre l’inconsistenza dello spettro luminoso colorato in una monumentalità tipica degli edifici del Museo delle Civiltà, che conservano sulle facciate posteriori due mosaici, risalenti al progetto dell’EUR del 1942, di Fortunato Depero ed Enrico Prampolini. In mostra è presente un piccolo modellino che l’artista ha realizzato in collaborazione con il mosaicista Maurizio D’Ugo, mentre l’arcobaleno appare anche in matite colorate, braccialetti portafortuna e, infine, sulle pale del ventilatore al centro della sala, immaginato nell’ipotesi Scacciamosche arcobaleno come omaggio alla saggezza popolare che utilizza questo stesso metodo per scacciare le mosche dal pesce esposto sui banchi dei mercati. ML
Carnevale (ipotesi 3, 4, 5, 7)
Nella ricerca sulle arti e tradizioni popolari italiane, Bruna Esposito ha deciso di approfondire la conoscenza del Carnevale di Viareggio, assistendo nel 2023 alla 150ª edizione del corso mascherato toscano, ammirando entusiasta la meravigliosa vitalità della manifestazione e, nello specifico, la maestria degli artisti che realizzano i carri in cartapesta. Non essendo queste macchine allegoriche presenti nella collezione del Museo, l’artista ha ipotizzato, in Omaggio al 150° del Carnevale di Viareggio, l’esposizione temporanea di parti dei carri dei due vincitori dell’edizione a cui ha partecipato (Iacopo Allegrucci e Carlo e Lorenzo Lombardi, rispettivamente nella prima e seconda categoria), attivando parallelamente la generosa donazione da parte del maestro carrista Alessandro Avanzini, autore di Pace Armata. La donazione, concretizzata nella Collezione di Arti e Tradizioni Popolari Italiane, riguarda la figura della protagonista del carro, una ragazza di circa dodici metri di altezza, vestita da soldato con maschera antigas, che compie il gesto di aprire le braccia e rivelare l’interno del mantello foderato dei colori dell’arcobaleno, ulteriore richiamo alla pace per tutte le guerre in corso.
La provocatoria e controversa ipotesi Faccetta nera riguarda invece l’esposizione di una ballerina nera, altrettanto gigante, parte di un carro del 2004 e oggi conservata al Museo della Fondazione Carnevale di Viareggio, accostata ad una recitazione spettrale del testo della canzone di propaganda del titolo. Il soggetto di un corpo nero stereotipato e la canzone coloniale di epoca fascista sono accostati dall’artista come ad indagare la subdola persistenza della cosiddetta “colonialità” nell’immaginario comune contemporaneo. La tecnica della cartapesta è infine omaggiata anche nell’ipotesi Le tre scimmie, nella quale Esposito propone di far realizzare con quella tecnica, dai maestri viareggini, le tre scimmie sagge, che rappresentano la massima del “non vedere, non ascoltare, non parlare”, che si trasmise dal Giappone ed altre culture asiatiche fino alla sua diffusione globale (pensiamo solo alla loro presenza contemporanea come emoji). Un motto transculturale intangibile che assume le dimensioni di un potenziale gigante da esporre nel Museo delle Civiltà, custode a Roma delle culture popolari e del mondo. ML
Ventagli (ipotesi 6, 12)
Nella celebre poesia Muzeum (Museo), scritta nel 1962, la poetessa polacca Wisława Szymborska – premio Nobel per la letteratura nel 1996 – parla di come gli oggetti perdano la vita che li aveva percorsi, quando sottratti dai loro contesti, privati dei loro usi ed esposti nelle vetrine dei musei. Tra questi, si citano piatti, corone, e anche ventagli, che Esposito elegge a supporto per far riverberare le parole della poesia tra le sale del Museo delle Civiltà, progettando ventagli di carta da distribuire gratuitamente al pubblico, sui quali sarebbe stampata la poesia di Szymborska tradotta in quante più lingue possibili. L’ipotesi Museo — poesia di Wislawa Szymborska, inizialmente pensata anche per poster e manifesti, si posiziona attorno al complesso dibattito sul senso dei musei contemporanei, se essi siano solo depositi di oggetti antichi non più in grado di parlare alla contemporaneità o ne siano invece interpreti attivi: a fronte di questa scelta il gesto di sventolarsi con le preziose parole di Szymborska porta un simbolico sollievo sotto forma di aria e movimento del pensiero.
L’altra ipotesi, intitolata Ventagli, introduce lo stesso oggetto sagomato di carta, ma questa volta stampato con cinque disegni e altrettanti poemetti di Esposito dedicati a cinque oggetti da lei incontrati nelle collezioni preistoriche. Tra questi una statuina femminile offerente in bronzo, proveniente dalla Sardegna e risalente alla prima Età del ferro (XI-X sec. a.C.), che sembra richiamare la stessa posa di Pace Armata e che si può osservare in una delle vetrine centrali della sala. ML
Giganti Miniature (ipotesi 9, 13, 16)
La dicotomia tra giganti e miniature è stata osservata da Esposito fin dai primi giorni di ricerca come una logica costante relativa al Museo e alle sue collezioni. Dentro palazzi monumentali, costruiti per conferire un senso di potere magniloquente, si conservano e studiano oggetti minuscoli, come, ad esempio, lo scacciapensieri del diciottesimo secolo che fece parte del suo primo intervento nell’ingresso del Palazzo delle Arti e Tradizioni Popolari, oggi riproposto nelle vetrine centrali dell’installazione. Oppure i frammenti di ossa del Neolitico antico, come in Cranio di puzzola e dente di cane (~), nel quale l’artista propone di esporre questi frammenti ossei animali in una teca dedicata, a fianco di una tilde impressa sulla sabbia, ad omaggiare la cura e la dedizione scientifica dei Funzionari nello studio di oggetti tanto piccoli, e di datazione incerta, eppure indispensabili per capire i rapporti tra esseri umani e altre specie in tempi così remoti.
In Gigante e miniature (2), invece, Esposito immagina una stanza-teca nella quale installare altre teche con all’interno delle minuscole tildi su sabbia da osservare alla lente di ingrandimento, sormontate da ventilatori che si muovono lentamente. L’artista vuole qui mostrare la matrioska che ogni museo incarna: contenitore di altri contenitori, a sua volta contenuto nella città, dove le culture sono mobili e non fisse come appaiono nelle vetrine museali al suo interno. Il vento prodotto artificialmente ci ricorda questo movimento impossibile da contenere, che viene ulteriormente sviluppato in Fare quadrato, primo titolo dell’ipotesi, poi rinominata giganti miniature, per un’installazione conclusiva che compattasse tutte le riflessioni di Esposito entro un’unica installazione, ovvero questa in mostra. ML
Diario e taccuino
Durante i circa due anni della sua ricerca, Bruna Esposito ha corrisposto con il direttore Andrea Viliani, il curatore Matteo Lucchetti e i Funzionari, attraverso venti lettere sotto forma di pagine di un diario che documentasse la sua Research Fellowship. L’artista vi ha di volta in volta riassunto le sue ipotesi di intervento per il Museo delle Civiltà, accompagnandole con riflessioni aperte, domande, dubbi, filastrocche, appunti sparsi, passaggi tratti dai libri letti (qui esposti in una vetrina dedicata) e, soprattutto, discutendone la fattibilità o la difficoltà a procedere. “Fare e disfare l’opera” è infatti una delle metodologie ricorrenti nella ricerca artistica di Esposito, che ha qui utilizzato il processo di concepimento e formazione di un’opera come terreno per testare il Museo e il suo potenziale attraverso una gentile e costante riconfigurazione delle sue certezze. Nell’ultima pagina di diario, scritta l’11 dicembre 2024, l’artista propone il gesto di chiusura dell’installazione, ovvero dedicare due teche ai coriandoli, messi a disposizione del pubblico come “vivificanti disobbedienze alla norma”, in pieno spirito carnevalesco. In questi pezzetti di carta Esposito legge tutto quel gioco delle proporzioni fra “giganti” e “miniature” della sua ricerca, scrivendo come i coriandoli siano al tempo stesso “testimoni miniati di attimi e vertigini di gioia” e “traccia di malinconia per qualcosa andato perduto”.
Ciò che invece è preziosamente conservato ed esposto in mostra, sono tutte le pagine di un taccuino nei quali i bozzetti delle ipotesi proposte sono stati disegnati a mano dall’artista, dimostrando come ognuna di queste ipotesi sia stata vagliata e verificata nella sua possibile esecuzione, lasciando oggi in eredità al Museo molteplici possibilità di pensarsi e realizzarsi diversamente, ribaltando le proprie certezze per accogliere nuove, ancora incerte ma possibili conformazioni. ML