Le tecniche ascetiche e meditative che da un certo momento della storia dell’India vengono denominate con il termine yoga caratterizzano il panorama religioso del subcontinente, come di buona parte dell’Asia, e rappresentano un fenomeno trasversale alle diverse tradizioni speculative che vi si svilupparono. Si tratta di metodi adottati, nel corso della storia del pensiero di queste aree, con finalità differenti: l’ottenimento di benefici dalle divinità, l’acquisizione di poteri soprannaturali (siddhi) o, più spesso, per risolvere il dolore dell’esistenza, interrompere il karma che è causa delle rinascite trascendendo così la catena di nascite e morti a cui gli esseri sono incatenati, per conseguire uno stato non condizionato, denominato nelle diverse tradizioni come nirvana (cessazione, spegnimento), moksha (liberazione) o kaivalya (isolamento).
La storia di questo fenomeno è lunga e diversificata, poiché lo yoga – sarebbe più corretto dire gli yoga – si è confrontato con diversi ambienti religiosi, culturali e sociali fino a subire una trasformazione radicale a partire dalla fine del XIX secolo nel contatto con il pensiero occidentale, quando si è adattato a un contesto profondamente diverso da quello in cui aveva avuto origine. L’arte dell’Asia e dei paesi indianizzati è una fonte importante per ricostruire la storia delle tecniche contemplative: figure di Jina, Buddha, bodhisattva o di divinità del pantheon hindu ritratte in uno stato di assorbimento interiore, sedute in meditazione nella posizione del loto (padmasana) o stanti nella posizione dell’abbandono del corpo (kayotsarga) sono icone molto diffuse, testimonianza fra le più evidenti del ruolo che le pratiche ascetiche e meditative hanno avuto nell’ambito di questi territori e delle loro culture. LG
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The ascetic and meditative techniques that came to be known as yoga at a certain point in Indian history characterize the religious landscape of the subcontinent, and of much of Asia, cross-cutting the various speculative traditions that developed there. In these areas such methods were adopted throughout the history of thought for different purposes: to attain benefits from the deities, to acquire supernatural powers (siddhi), but more often to resolve the pain of existence, to interrupt the karma that influences rebirths, thus transcending the chain of births and deaths that binds living beings, to attain an unconditioned state, referred to in the different traditions as nirvana (cessation, extinction), moksha (liberation) or kaivalya (isolation).
The history of this phenomenon is long and diverse, since yoga – or more correctly ‘yogas’ – encountered different religious, cultural, and social environments, until undergoing a radical transformation in the late 19th century in contact with Western thought, as it adapted to contexts profoundly different from those of its origins. The art of Asia and the Indianized countries is an important source for reconstructing the history of contemplative techniques: figures of Jina, Buddha, bodhisattvas and deities of the Hindu pantheon portrayed in a state of inner absorption, seated in the lotus position of meditation (padmasana) or standing in the position of abandonment of the body (kayotsarga) are widespread icons, among the most striking evidence of the role that ascetic and meditative practices have played within these territories and their cultures. LG